|  1917, Croce, pp. 207-226Croce, Benedetto
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 L’Italia dal 1914 al 1918: pagine sulla guerra
 | 20 | Ma, intanto, quasi peggiore è la condizione di coloro che sono rimasti a casa, frementi per le fortune delle loro patrie, tesi nell’ansia per la sorte dei loro cari o straziati per le perdite sofferte, turbati o impediti nella loro attività consueta, ricondotti in ogni istante al pensiero della guerra, e non udendo per anni ed anni parlare d’altro e non d’altro parlando. |  | 
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 | 21 | Dove sono più intorno a noi gli occhi lampeggianti d’intelligenza, le calde parole, gli arditi disegni, l’arguto riso, che udivamo già negli anni da cui un abisso ci divide: |  | 
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 | 22 | In loro luogo, volti affaticati, occhi spenti, intelletti ottusi, e prontezza ad accettare come realtà ogni bubbola che si racconti, e come verità ogni più rozza e sgangherata dottrina, che uomini fanatici o ignoranti vengano asserendo. |  | 
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 | 23 | E queste considerazioni giustificano (per ripassare dal grande al piccolo) il proposito che per parte nostra adottammo, nella nostra piccola cerchia, di far sì che non si spezzasse o sperdesse il filo faticosamente intrecciato nell’ultimo periodo di pace, e di seguitarlo a lavorare per la nostra parte, e meglio ancora di prima, per conto cioè anche di quei nostri compagni intellettuali che erano stati chiamati ad adempiere il dovere militare verso la patria. |  | 
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 | 24 | In giornali e in libri, e non solo italiani ma forestieri, si è stampato che noi avevamo consigliato ai giovani italiani di non darsi pensiero della guerra e di scrivere, durante la guerra, «libri di archeologia»; |  | 
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 | 25 | e il vero è che abbiamo consigliato agli archeologi di far gli archeologi e smettere i pistolotti archeologico-politico-patriottici, dei quali troppo si erano cominciati a dilettare; |  | 
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 | 26 | e così abbiamo consigliato a ciascuno di continuare, fino a quando gli era consentito, il proprio mestiere; |  | 
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 | 27 | e ciò abbiamo consigliato a noi stessi, e abbiamo procurato di seguire l’interno consiglio. |  | 
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 | 28 | In tutto questo non pare che sia nulla di scandaloso, e molto meno di ridicolo. |  | 
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 | 29 | Dopo la guerra, facendo tra gli altri bilanci anche il bilancio intellettuale, se qualcosa dovrà segnarsi nella partita dell’attivo, in questo qualcosa noi avremo avuto la nostra parte, e da ciò trarremo legittimo compiacimento. |  | 
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 | 30 | Ma sopra un altro punto insistemmo sin dal principio: sulla ferma difesa da opporre costantemente contro cosa che è peggiore della depressione e dell’ozio mentale, perché non trascura solamente e lascia deperire quanto si era prodotto di bene e di utile, ma direttamente lo attacca e corrompe, e uccide perfino i germi dormenti delle messi future. |  | 
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 | 31 | Intendiamo accennare all’abito che si formò subito dappertutto in Europa, e che invalse anche in Italia (ma qui non più che altrove) di sofisticare la scienza stessa sotto pretesto di rendere servigio alla causa della patria. |  | 
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 | 32 | Al che noi contrapponemmo immediatamente l’aurea massima: che tutto sia doveroso dare per la patria, salvo la moralità e la verità, che non sono cose che appartengano agli individui e di cui perciò questi possano a loro grado disporre. |  | 
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 | 33 | Per la quale sacrosanta massima, da noi non iscoperta ma solamente ricordata, è accaduto che giornali e volumi (anche questa volta non solo italiani ma forestieri) ci hanno messi in un fascio, e accomunati nello stesso vituperio, con l’autore del Jean-Cristophe, divenuto autore dell’Au-dessus de la mêlée. |  | 
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 | 34 | Ma a noi non è mai saltato in mente di metterci «au-dessus de la mêlée» nel senso dell’ottimo Romain Rolland, il quale si è fatto fulminatore di rimbrotti e pedagogo di giustizia a tutti i popoli di Europa che combattono, e tutti li biasima e li ama alla pari; |  | 
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 | 35 | sibbene solamente abbiamo procurato di metterci, o piuttosto di restare, au-dessus de la mêlée nel campo teoretico e scientifico, perché l’arte e la scienza, a quanto finora ci si era detto, sono appunto le due forme con le quali lo spirito umano esce di continuo e si mette in perpetuo di sopra alla mélée o tumulto della pratica. |  | 
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 | 36 | Tanto più urgeva questo atteggiamento di difesa in quanto le verità che in Italia e nei paesi alleati venivano più gravemente offese erano quelle fatte valere nella moderna civiltà dal popolo contro cui ci spetta combattere: |  | 
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 | 37 | fatte valere, e non già create da esso, perché, se qualche popolo le ha mai create, siamo stati proprio noi Italiani, ai nostri tempi grandi. |  | 
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 | 38 | E qui non occorre ripetere in compendio quanto più volte, con molta particolarità, siamo venuti esponendo a sostegno della politica «storica» contro la politica «astratta», e della scienza disciplinata contro la scienza avventurosa. |  | 
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 | 39 | Questa duplice difesa doveva suscitare reazione di contumelie e di calunnie da parte dei molti, i quali (vecchia storia) profittano delle baraonde per tentar d’imporsi, «traçant des faux devoirs et frappant des vrais droits», come dice il poeta; |  |