Voci della Grande Guerra

Lettere di combattenti italiani nella grande Guerra (vol.1) Frase: #59

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Autore
Professione Autore
EditoreEdizioni Roma
LuogoRoma
Data1935
Genere TestualeLettere
BibliotecaBiblioteca di Area Umanistica dell'Università di Siena
N Pagine TotL, 195
N Pagine Pref50
N Pagine Txt195
Parti Gold9-51
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

Perchè mi accorgo che alle varie circostanze che aggiungono solennità a questa mia lettera c’è anche la guerra, la quale mi dà una posizione di maggior prestigio.

Come vedi, cara Italina, non so bene da che parte cominciare a scriverti la mia lettera d’augurii, ma so che li faccio su di un dato di fatto certo, la vostra unione così intima e così profonda e così naturale.

Credi pure che dinanzi ad episodii così intimamente belli e così importanti per una famiglia come questo, io sento tutta la debolezza di persone come quelle della mia categoria che si sono condannate a una sorta di pellegrinaggio ideale in mille campi (e che troppo spesso sentono la crisi di molte idee sposate con veemenza) e che dal punto di vista sentimentale le sfiorano dappertutto con una fosforescenza che può farli sembrare brillanti, ma che non sarebbe mai solidità.

Da vero egoista, come vedi, ti ho parlato di me, ma ripeto, uno sfogo qualche volta fa bene e mi permette di guardare con tanta più gioia a voi che non seguite la strada moderna: a Gian Luca, che ha il coraggio di formarsi una famiglia durante la guerra, a te per la quale ho una tenerezza fatta non del solito affetto d’un fratello orgoglioso, ma di una profonda conoscenza di quello che vali, da persona così forte e ferma nei propositi, e appassionata senza essere esaltata e così giustamente femminile senza essere mai debole.

E la mia tenerezza è maggiore, scrivendoti, perchè mentre faccio gli auguri che sai, vedo da lontano una sorte simile alla tua per la nostra cara Giovanna che, come tu converrai, è proprio maestra a noi due.

E questo mi illumina di vera gioia e non so come scriverti meno gravemente, ma sono commosso sul mio tavolo da zappatore in questa casetta diroccata che il bosco e la notte celano alla vista di Gorizia, e tu ricevi i miei auguri come fossero scritti — si diceva così al buon tempo romantico — sul tamburo.

Auguri di felicità piena, come meriti per quello che vali, come meriti anche (e non è stata prova da poco) per l’anno che finisce;