Voci della Grande Guerra

Tutta la guerra: antologia del popolo italiano sul fronte e nel paese Frase: #20

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AutorePrezzolini, Giuseppe
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreR. Bemporad
LuogoFirenze
Data1918
Genere TestualeMemorie
BibliotecaBiblioteca Comunale di Trento
N Pagine TotXV, 398
N Pagine Pref15
N Pagine Txt398
Parti Gold2-405
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

noi anzi questa guerra auguriamo sia l’ultima in Europa, e, se fosse possibile, nel mondo:

ma cadremmo in un’altra illusione se non accettassimo l’insegnamento e l’ammonimento che da essa scaturisce, come saremmo ingiusti se la negassimo empiricamente un qualunque valore nella evoluzione della civiltà e nella maturazione dei popoli.

Secondo me illusione sarebbe il credere che dalla guerra d’oggi sia per uscire un domani di calma sicura, un domani che faccia risorgere riabilitato il programma pacifista, che ci conduca subito al disarmo e all’internazionalismo inibitore d’ogni ulteriore sopraffazione:

al contrario è d’uopo riconoscere che lo strascico delle controversie politiche alla risoluzione delle quali nessuna conferenza, durasse più del Congresso di Vienna, sarà sufficiente, lo spirito di rivincita che rimarrà annidato in fondo all’anima dei paesi sconfitti, le crisi interne che gli Stati putranno trovarsi a dover affrontare, la lotta economica che viene da taluni di essi considerata come inevitabile complemento della lotta delle armi, non permettono di credere che all’età del ferro sia per succedere quella dell’oro, nè che cessata la furia del turbine, splenderà immediatamente sulla terra il sole benefico e fecondatore: è più probabile che un lungo periodo caliginoso continui ad incombere sul mondo civile, e che sull’orizzonte internazionale permangano per molti anni fosche nubi minacciose, che vedremo di tanto in tanto squarciate dal lampeggiare dei rancori o degli odi non spenti.

Senza dubbio non mancherà l’opera degli uomini migliori di ogni paese che troverà nella paziente ricostruzione dell’ordine giuridico campo vastissimo di nobili fatiche;

ma non sarà possibile che le nazioni rallentino la vigilanza, e si affidino ancora a quella politica di spensierata previdenza e di ingenuo ottimismo, che per poco non ha permesso di avverarsi al prepotente bisogno di dominazione formatosi nell’ebbrezza di una orgogliosa credenza alla predestinata egemonia intellettuale e morale fra le genti.

Senza partecipare ai propositi di vendetta, o di rappresaglia, anzi perseguendo l’idea di una cordiale fratellanza tra i popoli e tra i governi, la quale ai posteri permetta di trovarsi uniti, di qualunque terra essi siano, nel giudizio sul triennio sanguinoso che stiamo: tuttora vivendo, sarà pur d’uopo dare alle compagini nazionali una solidità che le assicuri contro nuovi attentati, e munirle di tutti quei presidi che stabiliscano una reale equazione tra la forza del diritto e il diritto della forza.