Voci della Grande Guerra

Tutta la guerra: antologia del popolo italiano sul fronte e nel paese Frase: #7

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AutorePrezzolini, Giuseppe
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreR. Bemporad
LuogoFirenze
Data1918
Genere TestualeMemorie
BibliotecaBiblioteca Comunale di Trento
N Pagine TotXV, 398
N Pagine Pref15
N Pagine Txt398
Parti Gold2-405
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

Ma noi, quasi tutti, fummo allora in quelle prime angosciose giornate, per la neutralità:

vi ci induceva la sensazione dell’impossibilità morale di tramutare in istrumento di aggressione e di perturbazione internazionale un patto stretto a scopo difensivo, e per garantire all’Europa la pace nell’equilibrio delle influenze politiche ed economiche:

mai avremmo potuto prendere posizione colla Germania che apriva le ostilità lacerando brutalmente un trattato, occupando violentemente il Belgio, e punendolo atrocemente per la resistenza ch’esso aveva opposto a lasciarsi disonorare ed avvilire; mai avremmo potuto favorire la politica austriaca di egemonia balcanica, politica, la quale avrebbe eliminata per sempre, se vittoriosa, ogni possibilità per noi di migliorare le nostre condizioni adriatiche e di ottenere sulle Alpi confini meno malsicuri; mai avremmo potuto volgere le armi contro la Francia nell’ora in cui essa si vedeva obbligata a difendere il proprio territorio, senza aver dato in alcun modo causa al divampare della conflagrazione; mai avremmo potuto trovarci contro l’Inghilterra senza compromettere le nostre sorti nel Mediterraneo: ragioni ideali e considerazioni realistiche si associavano nel segnarci la via, nell’imporci un contegno che poteva avere le apparenze di una infedeltà politica, ma che aveva la sostanza di un dovere morale.

Senonchè bisogna riconoscere che sono nel vero anche coloro i quali han detto che la nostra dichiarazione di neutralità dell’agosto 1914 includeva in germe la nostra dichiarazione di guerra del maggio 1915, sicchè noi non avremmo potuto evitare di dovere poi nel maggio del 1915 impugnare le armi ed affrontare a fondo il conflitto se non impegnandolo ed affrontandolo nell’agosto del 1914 contro la Francia, contro l’In -.

ghilterra e contro la Russia; e poichè questo non volemmo fare e non facemmo, e nessuno mai avrebbe potuto perdonarci se avessimo fatto, è evidente la conclusione.

Io, e tanti di voi, siamo stati tra gli ottimisti a cui per lunghi mesi parve che la neutralità potesse durare, e mantenersi senza nostro disonore e senza nostro svantaggio; e non ci saremmo forse ingannati, se la guerra fosse stata breve, se le sorti di essa si fossero decise in pochi mesi:

ma quando la guerra, estendendosi ed approfondendosi, mutò di obbietto, quando la questione della Serbia fu assorbita dalla più vasta competizione fra la triplice intesa e gli imperi centrali, investendo tutto il problema dell’assetto europeo, apparve troppo prevalente il pericolo del domani d’Italia, perchè si potesse più oltre difender un atteggiamento d’inerzia e di indifferenza, che ci avrebbe isolati nel mondo, non solo radiandoci dal novero delle grandi potenze, ma condannandoci a un’esistenza inferiore, costituendoci bersaglio di disprezzo e di vendette, e rendendo forse necessaria, a breve scadenza, una guerra per la vita, una guerra per la quale non avremmo avuto nessun alleato, nessun amico, nessun aiuto, forse nessuna simpatia.