Voci della Grande Guerra

Diario di guerra: appunti presi sulle linee, nei comandi, nei consigli interalleati Frase: #473

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AutoreBissolati, Leonida
Professione AutorePolitico
EditoreEinaudi
LuogoTorino
Data1935
Genere TestualeDiario
BibliotecaBiblioteca di Area Giuridico Politologica "Circolo Giuridico" Siena
N Pagine Tot139
N Pagine Pref
N Pagine Txt139
Parti Goldpp. 25-64
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IL SERGENTE DEGLI ALPINI ALLA FRONTE Dal 27 maggio 1915 alla ferita del 21 luglio 1915 27 maggio 1915.

— Parto da Ivrea.

— Saluti di ufficiali e soldati in treno.

— I fiori degli ufficiali.

— Milano al buio.

— Notizie del tumulto contro i tedeschi.

— Arriviamo pressochè in orario a Udine la mattina del 28.

28 maggio.

— Accoglienze di Udine.

— Abbraccio il deputato Girardini.

— Trovo Gioli e Lugramani.

— Parto per Cividale.

— Gli ufficiali entusiasti.

— C’è Barzini.

— Affluiscono i primi prigionieri austriaci.

— Notte a Cividale.

29 maggio.

In auto privata a Clodig pel Comando.

— Trovo cremonesi e bresciani in una colonna di artiglieria da montagna.

Saluti.

Tuona il cannone.

— Parto col drappello alpini per Clabuzzaro, dove è il Battaglione Val d’Orco.

— La tappa per l’acqua.

— La prima lezione di slavo.

— Un ferito:

un disertore.

— Don Giovanni Gujon di S. Volfango, comune di Drenchia.

— Il suo apostolato italiano nella scuola, col cinematografo, nel servizio informazioni.

30 maggio.

— Notte col maggiore Sonza.

— Pioggia a diluvio.

Sostiamo la mattina in attesa che il tempo consenta l’avanzata.

— Raccolgo i particolari del primo sacrificio di sangue del Battaglione Orco.

— Venne sepolto a Sredaje, con tutti gli onori e con questa iscrizione, un soldato del Battaglione:

«Qui giace l’alpino Chiero Pietro che pel primo bagnò «del suo giovane sangue queste terre ritornate italiane.

— I compagni della 238a Comp., Batt.

Val d’Orco, 4° Alpini.

— Memori 25 - 53 - 15».

— Cogli ufficiali a mensa.

— Tiro di grossa artiglieria.

31 maggio.

— Piove.

— Giungono ordini di preparazione all’avanzata per domani notte.

— Pioggia e cannonate.

1 giugno.

— Finalmente la pioggia accenna a cessare e si ha l’ordine di partire per la fazione di domani contro S. Luria di Tolmino.

— Gli ufficiali a rapporto.

Il battaglione partirà alle 8 e mezza.

Passeremo la notte all’aperto — al buio — in silenzio per attaccare all’alba, tentando il passaggio dell’Isonzo.

— Leviamo le tende e siamo pronti.

Ma viene il contrordine: attendere.

Si attende tutta notte.

2 giugno.

— La mattina si comunica che l’operazione è sospesa.

Fino a quando:

Intanto le batterie da 149 sul passo Zagradan, dietro noi, appoggiano l’avanzata degli alpini da Caporetto per le alture a sinistra dell’Isonzo su Tolmino.

Giungono a sera le disposizioni pel giorno 4.

— L’ufficiale dei bersaglieri ferito:

Storti.

— Continua il duello delle grosse artiglierie.

Clabuzzaro, 2 giugno.

(Lettera).

— Credevamo stamani di essere all’attacco di Tolmino e siamo ancora qui per contrordine.

Abbiamo passata la notte — fortunatamente senza pioggia — all’aperto.

Io non solo non ho sofferto, ma ho tenuti allegri tutti quanti.

Curiosa questa vigilia di battaglia:

Ma ancor più curioso è come io mi sia così rapidamente ambientato — tanto che mi pare di non avere mai fatto altra vita.

Forse ciò deriva dal risorgere delle antiche impressioni giovanili del campo e dalla abitudine della forte e dura vita alpinistica.

Ma sotto sotto, c’è l’entusiasmo che colora ogni cosa...

Come mi vogliono bene questi soldati:

Sono diventato il loro babbo e insieme il loro figliolo.

Mi trattano con rispetto affettuoso, nel quale si sente come sappiano valutare la ragione del mio atto.

Oggi staremo sempre in attesa colle tende sfatte e pronti a scendere da questo intrico di giogaie giù nella valle dell’Isonzo.

Speriamo di menar bene le mani.

Vedo che il paese continua a essere magnifico.

Ne esulto.

3 giugno.

— La partenza da Clabuzzaro, verso Zagradan, nella notte.

4 giugno.

— Al passo Zagradan.

— Le artiglierie tuonano.

— L’Isonzo e il Monte Nero.

— Si accende la battaglia.

— Accampamenti nostri bombardati.

5 giugno.

— Idem.

6 giugno.

— Ricognizione su Tolmino coi Tenenti Reggiani e Borrino.

— Allarme notturno.

7 giugno.

— Sempre tempesta di obici sull’accampamento.

Giunge la notizia del disastro sofferto dal Battaglione Ivrea sul Montenero.

8 giugno.

— A Foni (Val d’Isonzo) per gli avamposti.

— La doccia al molino.

Dal passo Zagradan, 8 giugno ’15.

(Lettera).

— Ieri mattina mentre ti scrivevo imperversavano gli obici e scoppiavano sopra di noi.

Io ti scrivevo da un capannone che i nostri bravi alpini hanno costruito per riparo, blindandolo con zolle di terra.

Il nostro battaglione — con un battaglione bersaglieri — è appunto di scorta ai grossi obici di assedio, che battono la formidabile fortezza di Tolmino.

Ieri l’altro ho avuto la grande compiacenza di essere ringraziato dai Capi per un servizio di esplorazione.

Con due arditi tenenti e dieci uomini siamo scesi dalle creste, per i boschi, sino a 800 metri da Tolmino per rilevare le posizioni nemiche.

Fummo prudenti nella grande temerità del tentativo e fortunati.

Soltanto dopo che avevamo rilevato, ci salutarono con qualche fucilata e qualche shrapnel.

Ma erano mosconi.

Tornammo tutti, illesi e allegri.

Il Generale Assanti dell’artiglieria ce ne fu grato.

9 giugno.

— Giorno di depressione.

— L’azione pare difficile.

— Piove.

— Fin quando questo assedio a Tolmino:

ro giugno.

— Sole.

— Il mio Maggiore mi fa leggere le disposizioni pel prossimo attacco.

— Piovono shrapnels e granate da 150 che colpiscono alcuni soldati.

11 giugno.

— Giornata calma.

— Si sono guastati due obici (Krupp) che vengono trasportati giù dagli alpini.

— 12 giugno.

— A Jeza col Maggiore Montanari.

— Incontro col Colonnello De Maria.

— Incontro coll’on.

Borromeo e col Generale Asquitti.

Il trasporto dell’obice tirato da alpini e bersaglieri.

Disposizioni pel combattimento di domani.

13 giugno.

— Battaglia ingaggiata nella notte.

Lo scoppio del 3° obice:

Pare che le cose stanotte siano andate bene.

Qualche nostra pattuglia sparò e gli austriaci tutta notte fecero gran fuoco di fucili, mitraglie e mine.

Avranno intanto le truppe nostre passato l’Isonzo a Plava:

14 giugno.

— Ordini di trinceramento a noi e al 5° Bersaglieri.

Si dice:

«contro la eventualità di controffensiva con forze ingenti».

Forse il piano è: qui salda difensiva e movimento nostro aggirante a sud — di cui noi saremmo il pernio.

Vedremo.

15 giugno.

— Bufera nella notte e cannoneggiamento furioso nella valle Isonzo.

— Nella giornata giungono notizie varie.

16 giugno.

— Ordine di partenza per Drezenca.

— Ci avviciniamo alla battaglia sul Monte Nero.

— La notte, per contrattempi, è passata all’adiaccio.

Con Caprettini.

17 giugno.

— Si parte alle 3 per Drezenca.

Marcia formidabile.

— L’urrà dei bersaglieri.

— Il Maggiore Franco, che nel 1898 mi curava.

Incontro soldati di varie regioni: i miei cremonesi, i bolognesi, i romani.

Il Maggiore Dallari.

La gran notizia del raid degli alpini del 3°.

— Fucilate nella notte.

— Due nostri feriti sotto tenda.

18 giugno.

— Sosta a Drezenca.

— Si prepara l’azione sulla cresta N. E. Montenero.

19 giugno.

— L’accompagno funebre di un tenente.

— Visita alle armi austriache.

— La forca.

— Si svolge l’azione verso Planina.

Inviti a pranzo dall’Artiglieria:

Maggiore Mantovani.

— Maggiore Mattei.

20 giugno.

— Le capre al campo.

— Piove.

21 giugno.

— Continua l’azione sulle creste.

— Il trasporto dei pezzi:

tiro anch’io la corda.

— I prigionieri.

22 giugno.

— Nulla di particolare.

Continuano le operazioni verso Plezzo.

23 giugno.

— Salgo a Kosliak dal Colonnello Tedeschi.

— È un saldo uomo.

— Ritorno sotto la pioggia.

(Il capitano Spelta e il giornalista Varetto sottotenente).

24 giugno.

— Riposo.

Qualche shrapnel: di dove:

25 giugno.

— Riposo forzato.

— Piove a dirotto.

26 giugno.

— Riposo.

27 domenica.

— La messa al campo.

28 giugno.

— Piove: giornata di noia.

— Il viennese che portava il caffè catturato.

29 giugno.

— A Caporetto.

— Rivedo soldati cremonesi e romani.

Il capitano Ferretti.

30 giugno.

— Nulla di nuovo.

— Mal tempo.

— Istruzione in ordine sparso.

1 luglio.

— Idem.

— La lepre in libertà.

2 luglio.

— Tenente e sergente di artiglieria uccisi da una granata.

— Onori funebri.

— Il Camposanto dove è Picco, il tenente del raid al Montenero.

— Vareri.

— Mi tornano alla memoria i versi della Canzone di Legnano:

«Diman da sera i nostri morti avranno una dolce novella in Purgatorio: e la rechi pur io:».

3 luglio.

— Vento e sole:

Cominciata l’avanzata per le creste del Montenero.

Attendiamo l’ordine di avanzare anche noi.

— Incontriamo la Croce Rossa di Lugo che per venire quassù ha superate molte ostilità.

— Passano i primi feriti.

— Crediamo nella vittoria:

L’ordine di partire.

Mentre annotta e ci prepariamo vengono le prime notizie del tragico scontro allo Seme.

— Il suicidio del Maggiore G.....

(Batt. Intra).

Partiamo alle 22 circa.

Faticosa marcia notturna alle 4 circa sul colle di Pleka.

4 luglio.

— Il nostro Maggiore è chiamato dal Colonnello.

— Ci attendiamo.

— Il mio dubbio sul posto dell’attendamento.

Incontro col tenente Gambaro che mi descrive la battaglia.

5 luglio.

— La batteria 33aq (Gelli) apre il fuoco contro l’attacco austriaco diretto al centro del vallone (una morena) dove è steso il Batt.

Aosta.

Ferma l’avanzata, ma provoca risposte di batterie austriache i cui proiettili prendono di infilata il nostro attendamento (11 feriti nostri e 2 di artiglieria).

Mentre si ordina lo spostamento sull’altro declivio viene l’ordine di rimetterci a disposizione del Gen.

Etna comandante i due gruppi:

Gruppo A Tedeschi, Gruppo B Rossi (:) e ridiscendiamo a Drezenca.

Buona serata cogli ufficiali dell’Aosta (Croce, Govi, ecc.).

6 luglio.

— Una strana fucilata nel campo.

Il caporale Giacomo ferito.

— Lo accompagno a Drezenca: la ferita è lieve.

— Vengono a colazione i bravi ufficiali dell’Aosta.

— Cominciano ad arrivare le brutte notizie e i feriti del combattimento fra Pokone e Peski.

— L’ufficiale veronese, che a sera era con noi, è ferito.

Drezenca, 6 luglio ’15.

(Lettera).

— Siamo ridiscesi di nuovo qui.

Quando ti scrissi l’ultima volta era venuto l’ordine di partenza per il luogo di combattimento.

Partimmo infatti alle 11 di notte e arrivammo in alto al primo mattino — passo di Pleka.

Dovevamo tentare l’attacco a quel crestone di Montenero, che sovrasta a Tolmino — attacco tentato la notte innanzi da altri battaglioni alpini che furono respinti.

Ma sul passo venne un contrordine e fu bene.

Saremmo andati inutilmente incontro a perdite gravi.

— Agli alpini si comincia a chiedere troppo.

— Un colpo di mano fortunato non significa che si debbano fare sempre delle temerità.

— Venne un contrordine, che ci fermò sul passo.

Lì passammo il giorno e la notte.

Ieri fummo fatti ridiscendere qui non senza aver dato un discreto tributo di feriti per shrapnels.

Quei cani di austriaci avevano indovinato l’accampamento sul passo e ci bombardavano.

Ma tutti feriti lievi.

7 luglio.

— Bagni di soldati nel torrente.

— Partenza da Drezenca nella notte.

— La marcia al Montenero.

Colletta di Hozliak.

— Lo smarrimento nel bosco.

— Arriviamo sotto la colletta alle 4 mattina dell’8. 8 luglio.

— Lo strano accampamento in pendio.

— Il mulo precipitato.

Dal fronte — alto — altissimo, 8 luglio ’15.

(Lettera).

— Siamo accampati come le aquile, sopra gli abissi.

Il luogo è di una tragicità solenne.

Il nome è meritato.

Venimmo qui con faticosa marcia notturna.

Il nostro Maggiore mi ordinò di non portare lo zaino motivando, e giustamente, l’ordine col fatto che io per la miopia sono in condizioni eccezionali.

Si arriva a queste altezze sudati in modo incredibile.

E si trova il freddo pungente.

Polmoniti:

bronchiti:

Neanche un raffreddore.

Il sudore si diaccia e poi...

il calore normale ritorna.

E si mangia un quarto di pagnotta nel caffè nero, con un monte di zucchero.

Lì abbiamo di fronte i «cecchini» come li chiamano i soldati.

A proposito di «cecchini» ci sono ancora per queste rupi e questi boschi individui isolati — slavi fanatizzati o gendarmi austriaci — che dopo l’occupazione si sono ritirati in qualche grotta, ed escono di notte a sparare su accampamenti o su convogli di rifornimento.

Non si può immaginare l’ira dei soldati contro costoro.

Ne presero uno ieri l’altro e lo portarono al Comando...

linciato.

Noi siamo a sostituire i primi meravigliosi conquistatori di queste vette.

— Intanto sono arrivati poco giù anche i nostri muli e avremo da mangiare regolarmente.

Stasera ci coricheremo vestiti — ma che importa:

Troveremo il sonno beato.

Nè ci disturba che durante la notte suoni l’orchestra di fucileria.

Ormai ci abbiamo fatto l’orecchio e si dorme anche meglio.

9 luglio.

— Alle trincee col Battaglione Val Toce.

Si rafforzano le trincee.

— Si dorme vestiti.

— Lavoro di zappatori.

— I morti austriaci.

10 luglio.

— Vengono le disposizioni per l’attacco di avvolgi mento delle creste Pokone e Lukina.

Dovrebbe cominciare l’indomani con l’artiglieria.

— Ma la sera si scatena il violentissimo uragano che dura tutta notte.

L’allarme.

— La compagnia 238 corre rischio d’essere fulminata mentre si reca alle trincee.

11 luglio.

— Il mal tempo ha fatto sospendere l’inizio delle operazioni.

— Arrivano i fulminati dall’uragano sulla cresta del Monte Nero.

Bombardamento su noi nella sera.

12 luglio.

— Ci coricammo in una serata splendida e ci alziamo tra la nebbia.

— Il sole:

ma riprende la pioggia.

— La lezione di mitragliatrice.

Nella notte l’allarme:

Al tocco e mezzo il Maggiore Dalmasso (gia scosso dalla mala prova della sua compagnia) ha mandato a chiedere rinforzi.

13 luglio.

— Non attaccano.

— Vedo il tenente G..... del Toce che scende imputato di abbandono del posto nella giornata infausta del 6. — Spero si discolpi.

Il tempo ritorna orribile.

Dal fronte, 13 luglio.

(Lettera).

— Siamo alle prese qui non solo colla possibilità continua di attacchi nemici, ma con l’ira di dio.

Ieri l’altro notte fummo avvolti in un uragano tremendo quale non vide mai nessuno di noi — e verso le tre di notte, quando l’uragano ancora imperversava, venne l’allarme.

Di qui dove siamo attendati si dovette correre alla cresta, dove è la trincea.

Ma stavolta le fucilate furono in basso e l’attacco fu respinto.

Speriamo di andare presto a snidarli.

È una lotta di aquile contro aquile.

Ma si sta bene e io ho un surcroit di forze.

14 luglio.

— Ho un po’di febbre.

— Il tempo continua pessimo.

15 luglio.

— Tempo pessimo.

16 -17. — Bombardamento.

Dalla Colletta di Montenero, 16 luglio ’15.

— (Lettera).

— Come avrai capito dalle allusioni delle mie precedenti, siamo qui sul punto più duro dei combattimenti.

Veramente di combattimenti diretti non ne abbiamo avuti ancora, ma ne sopportiamo tutto lo sforzo.

Il nostro battaglione ha per ora l’incarico di difendere la Colletta (1650 m.) e di sostenere i difensori dell’ultima vetta.

Le compagnie si dànno il cambio nelle trincee.

Quelli che non vanno in trincea stanno qui in questo accampamento sospeso tra cielo e terra, dormendo entro le tende vestiti e armati — pronti al primo allarme.

In 10 minuti siamo sulla cresta a rinforzare la linea.

Il Maggiore non ha voluto finora ch’io andassi a passar la notte in trincea e così ho passato sotto la tenda queste notti infernali di uragano.

Con l’interruzione però degli allarmi...

Scena mirabile:

L’allarme nella notte e sotto l’uragano — ti immagini:

Si balza in piedi e nel buio si trova la mulattiera e su, su, ansimando...

Finora gli allarmi non furono seguiti da azione:

il nemico accennava soltanto.

Quando viene il mattino — circa alle 4 — si scende e si ha il caffè caldo — e si aspetta il sole che qualche volta viene (come è venuto mentre ti scrivo) e ci consente magnifici sonni nella tenda che pare un forno.

Poi, verso sera, quasi sempre torna la pioggia, il freddo, la gragnola, i fulmini.

È un ballo curioso.

Ma intanto, per questa ira di dio, da venti giorni le operazioni di avanzata sono paralizzate.

Se il tempo si fa possibile il piano è di girare le punte tenute dal nemico, tagliandole fuori a rovescio — mentre noi dalla Colletta e dalla punta di Montenero faremmo una dimostrazione — coll’ordine, in ogni caso, di tenere a ogni costo queste posizioni.

Il morale dei soldati è sempre eccellente.

Anzi, si sono inferociti contro il nemico e si sono induriti in questo sforzo continuo.

Intanto le artiglierie duellano.

Gli austriaci le adoperano mirabilmente ma i nostri non sono inferiori.

La vita materiale — mangiare, bere, fumare — è anche troppo sibaritica.

Si mangiano minestre che sono una delizia.

Il Governo ci dà da fumare a ufo.

E io mi bevo spesso la mattina un po’di latte di una capra dell’Artiglieria.

In fondo non abbiamo che un bisogno solo: sole, sole, sole.

Oh: mandaci un po’del sole di Roma:

18 - 19 luglio.

— L’attacco al Pokone.

Dal fronte, 19 luglio 15.

(Lettera).

— Oggi un magnifico combattimento per creste.

Ho goduto una grande ebbrezza.

— Un passo è fatto.

— Altri ne faremo.

20 luglio.

— Preparativi per la prosecuzione dell’attacco.

RITORNO SULL’ISONZO Dal 30 ottobre 1915 al (28 novembre 1915 30 ottobre.

— Arrivo a Milano con Giulio Stramezzi e De Laurenti.

— Pernotto a Milano.

— Vedo a Milano i miei colleghi in giornalismo Borsa e Schinetti.

31 ottobre.

— Dobbiamo scendere a Verona.

— Vi incontro Scotti e il poeta veronese Berto Barbarani.

— Pernottiamo a Venezia.

— Il tenente caffettiere Flora.

— La chiesa degli Scalzi.

1 novembre.

— Da Udine a Cividale.

— Pernotto alla caserma Carabinieri.

2 novembre.

— Arrivo in camion a Caporetto.

— Mensa col Cap.

Nicco e il Maggiore Feretti.

3 novembre.

— A Volaria col Cap.

Nicco.

— Il Ten Col. Nobili e il Cap.

Varetto.

— Alla trincea e alla postazione dei pezzi.

— Al Comando dove è il Colonnello Giordana.

— Notte nel casotto.

4 novembre.

— Scesi col Comando a Volaria.

— Notte a Volaria.

5 novembre.

— Piove a Volaria.

— Mi giunge la cassetta.

5 novembre ’15.

(Lettera).

— A proposito di valore.

I soldati che trovo qui sono degni di quelli che lasciai or sono tre mesi.

Gli atti di prodigioso eroismo compiuti qui nel settembre e nell’ottobre furono veramente tali da fare orgoglioso chi porti nelle vene stilla di sangue italiano.

6 novembre (sabato).

— Colazione col Colonnello Como.

— La prova delle artiglierie per rompere i reticolati.

— Cena cogli ufficiali della 85 (Susa).

7 novembre.

— L’infermeria.

— Passaggio del Val d’Orco.

— Prove con lanciabombe.

4$ 8 novembre.

— Alle posizioni col Colonnello dalle 8 alle 15.

— Merzlich e Vodil.

9 novembre.

— Bella giornata.

— Bombardamenti.

10 novembre.

— Piove.

Prova di altri lanciabombe.

— Trovo a colazione il Cap.

Rossi con cui fui ferito a Luznica.

— Ho notizie dei dottori Musso (38) e Giaccone (39).

11 novembre.

— Dopo una notte orribile rivediamo un bel sole.

— L’annunzio degli scoppi dei lanciabombe.

— Ritrovo il mio Stramezzi.

— La solennità.

— Si grida dalle truppe:

Viva il Re e l’Italia:

12 novembre.

— Col Colonnello Giordana alle linee avanzate.

— La bomba che ci scoppia a tre passi.

13 novembre.

— Infermeria.

— Tempo orribile.

13 novembre ’15.

(Lettera).

— Tempo orribile, pioggia a diluvio, vento impetuoso, non freddo.

Ho lavorato tutto stamani a medicare ferite e a fare massaggi ai piedi assiderati dei miei poveri soldati che scendono dalle trincee alte.

Quanta intima poesia in questo umile lavoro:

14 novembre.

— Ancora alle linee avanzate col Colonnello — La nevicata sul Merzli.

15 novembre.

— Sempre sul Merzli.

— Sono a pranzo dagli ufficiali del Cenischia.

— (Cap. Benevolo, Sott.

Ten. Corini, Pescarolo).

16 novembre.

— Riposo.

— Nevischio e freddo.

— Passeggiata a Kamno.

17 novembre.

— Magnifico sole:

Si prepara l’azione.

— La bomba incendiaria.

— Il Magg.

Cornaro.

— Il salto sul ponte di Cividale.

18 novembre.

— Passeggiata a Vrsno.

— La sera scende ferito il sergente Stramezzi.

19 novembre.

— Nulla di particolare.

— Si attendono disposizioni pel 21.

20 - 21 - 22 novembre.

— Malato.

23 novembre.

— Esco dal letto.

— Passeggiata col Colonnello Cornaro alle batterie del trincerone.

— Conosco i bravi Capitani Barbetta (Velletri), Romano (Siracusa).

Il terreno di qua e di là della strada arato da proiettili austriaci.

24 novembre.

— Attesa.

— In stufa.

— Mi si ammala anche Baccaglio.

25 novembre.

— Palazzoli degli Alpini.

26 novembre.

— Ho notizie dell’aggiramento progettato.

Si doveva sferrare un attacco al Nord Ovest del Monte Nero.

Ma si arrestò l’attacco a Nord Ovest perchè insufficientemente sostenuto dall’artiglieria.

— Tutta l’azione è paralizzata.

— Notte fredda passata a quota 500.

— Non si riprende l’azione.

— Stiamo in attesa.

Ormai la maggiore esigenza è l’assestamento invernale.

— La linea buona (anche se un po’arretrata) permette l’impiego di poca truppa.

— Sarà così possibile il cambio, il riposo, il rifacimento dell’esercito per primavera.

27 novembre.

— A quota 500. — Bellissima giornata.

— Fuoco a S. Maria e a S. Lucia.

— Discesa la sera a Volaria.

28 novembre.

— Partenza per Caporetto.

— Colazione col generale Tassoni.

— Incontro il Re.

— A Udine in automobile.

— Partenza per Roma.