Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #1144

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AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

(E quando quegli altri strilleranno le parole della grande Italia io vedrò sotto le loro gambette, che non invischiò mai il fango di lassù, il mucchio enorme dei morti — il teschio che ghigna accanto alla carogna verdastra dell’asfissiato come nel vallone dell’Agnelizza.)

Dimenticheremo per un poco, nell’evocazione, di avere dovuto attraversare il mare di merda.

Non lo attraverseranno i miei alpini, per i quali, dopo queste sbornie del congedamento in cui si credono incommensurabilmente felici, la guerra continua — riprende.

Gioia di poter comandare litri più litri all’oste che era sergente maggiore e faceva scattare, ma adesso è lui che deve obbedire al comando del congedando, gioia di non aver la ritirata che aspetta, e poi uscir fuori per il paese quando c’è tanto vino anche nel cielo, e persino le nevi delle montagne sono colorate di terzanello, e c’è la Gusella del Vescovà lassù mattacchiona che sembra un dito immerso in quel vino per far l’assaggio — e cantare la canzone dello zaino affardellato che s’è finito di portare e far echeggiare i portichetti del monologo-sollievo:

— Son borghese, ostia:

Çinque ani digo, dormir su la paia e nel fango, e peoci po’digo, in mònega, in malora ti, cinque ani, senza spoiarse, e peoci...

El xe finio de saludar i ufiziai se ghe ne incontro;