Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #1102

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AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

Ma adesso è nostro collega, e to’, ha anche il nastrino con la stelletta d’argento (mattacchione, nemmeno il bronzino gli è bastato).

Viene quello che succhiò dai testi tedeschi la scienza che oggi gli dà il titolo accademico e il diritto di pretendere più lauto stipendio da quello stato che non sentì il bisogno di difendere quando il rischio batteva alle porte — doveva essere ancorato bene, se nemmeno Caporetto lo disboscò — e dice:

— Che cosa hai fatto di buono:

Hai vinto la guerra e il pane cresce di prezzo e lo zucchero scompare e il carbone non viene e la Dalmazia non ce la dànno.

Fesso, valeva la pena che facessi il fesso su per la prima linea.

Ahimé — ché viene poi quello che l’ottobre della sconfitta disviticchiò dalla sua nicchia, a cui una legge oscena impose il grado d’ufficiale suo malgrado, e questa volta ha ragione lui, che può parlare di Piave e di Grappa e dell’impeto per le forre conquistate, lui che alla guerra fu cacciato riluttante e ne sa solo la bellezza e l’entusiasmo, con il consentimento del paese al tergo, con tutta la generosa ricchezza di mezzi e di conforto d’una nazione che s’era finalmente decisa a voler vincere la guerra.

Tutto questo, e solo questo ha avuto.