Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #786

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AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

riflettori battono le strade, non si sa se per sorvegliarci o per mostrarci.

Taciturni, nella città taciturna, sfiliamo fino al Castello.

Comincia il rosario dei giorni sgranati con atonia, ascoltando malinconiosamente la nostra fame, le nostre memorie.

Il carceriere che impiccò Battisti, sinistro con il suo mazzo di chiavi, lungo mantello nero foderato di rosso, pancia rotonda e sodisfatta — il cortiletto lugubre e il pacco di mele gettato giù dal muraglione da una coraggiosa signora (ma sotto accalcarsi nell’avidità del bottino, lo stesso brulichio prepotente dei polli nella stia a cui Bordoli gettava i ritagli di carne) — viaggio notturno in treno per il nord, e sempre un ritmo uguale di fame — arrivo a Franzensfeste, una baracca un po’più comoda, si può comperare della marmellata, visi si rischiarano nell’ebete beatitudine di chi s’appresta a gioire della prigionia se avrà la pancia piena.

Ormai non più meta al desiderio, non più tenerezza di ricordi, un’uguale tristezza senza conforti, nella miseria quotidiana d’una vita che oscilla come un pendolo fra due fuochi, fame, tedio.

E dappertutto un capovolgimento di valori, non più traccia di dignità negli uomini, dall’ufficiale che si mette la terza stelletta per togliere il pagliericcio al tenente, ai prigionieri russi che vendono il loro pane e poi vanno a razzolare fra il pattume e divorano le buccie di mela e i rifiuti delle cucine.

Par che la fame debba giusti ficare ogni bassezza, viltà si manifestano, ostentate con cinismo perché sembra che il ventre vuoto abbia privilegio sulla nobiltà della coscienza.