Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #577

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AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

Macabro, l’onorevole recriminante; chè dovrebbe anche ricordare l’apologo trilussiano:

«La promozione è certa, e t’assicuro — perché me so’magnato er capitano:».

Un terzo onorevole lamenta che non sia considerata campagna, con tutti i nastrini e le indennità e i computi economici, la guarnigione in Ancona per le sue frequenti offese dal cielo e dal mare.

Vien qua, vecio, che oggi festeggi con Romanin i tuoi sessanta mesi filati di naja e se la ti va bene fra altri dieci mesi sarai tenente con due anni di anzianità arretrata, e dal fondo della gavetta che il dottore ci ha riempito di vino buono tiriamo fuori le nostre meditazioni.

Il soldato di fanteria (e l’alpino non è che un fante più testardo e più solido), lacero, pidocchioso, sudicio, confitto alla terra ed al fango che rosicchia insieme alla pagnotta dura e al rancio freddo, e se passa la granata tutta la faccia su quel fecciume per farsi più piccolo;

che dorme fra un allarme ed un calcio, serrato dai suoi aggeggi di guerra, a caso, sotto la tenda, all’addiaccio anche se piove, anche adesso che ottobre riammucchia la neve sul suolo — gratta via la neve se vuoi fare un po’di fuoco, e sempre quell’umido addosso —;

che la sua guerra più bella combatte il giorno di combattimento, ma gli resta poi l’altra d’ogni ora col topo con l’insetto col vento con le circolari che gli vietano di spogliarsi anche a riposo, col cantiniere che gli ruba sul vino, con la posta che si smarrisce;