Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #363

Torna alla pagina di ricerca

AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

Solo chi uscì vivo dalla maciulla del combattimento, solo chi strisciò all’attacco e sbiancò d’orrore sotto il bombardamento e pregò di morire nella notte di battaglia premuto dal freddo e dalla fame — solo quello sarebbe il giudice competente, e darebbe sì forse anch’egli la morte, ma sapendo che cosa vuol dire.

Non quelli laggiù, cimiterini col robbio, barba fatta, letto con lenzuola pulite e la guerra ricordo dei manuali di scuola e il codice penale edizione commentata lontano dallo spasimo della prima linea.

E col mio tribunale, forse nemmeno quello che diceva «el xe justo» sarebbe stato fucilato.

Gli alpini del Val Dora venuti di rinforzo con la loro sezione cantano la canzone del Montenero.

Chi ha inventato le parole rozze, chi ha trovato il ritmo doloroso:

È la più bella canzone militare nata dalla guerra, destinata a diventare leggenda, ad essere cantata sempre, quando saranno reclute i nipoti di questi ragazzi — quelli che faranno a tempo ad andare a casa e sposarsi l’amorosa.

E c’è dentro tutto lo scontroso spirito di corpo del soldato di montagna, ruvido e ubbidiente, che accetta la guerra come un castigo giusto ed inevitabile.