Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #1624

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AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

Non ci pare di esser più crudeli...

Ma bastano queste stellette al colletto per abolire i concetti ereditarii di santità della vita umana, di fraternità naturale, verso quelli che stanno di là.

Avranno tanti di loro cinque bimbi a casa, come Damin, otto fratelli minori e una mamma vedova, come Ceschin che pure è così temerario all’attacco;

imaginiamo la corrispondenza famigliare, la cartolina rassegnata e buona della mamma lontana che non sa di politica, che non sa di doveri sociali, che scrive in cèco o in ungherese le stesse parole che la mamma di Zanella o di Rossetto scrivono in dialetto veneto:

contentezza di sapere che il figlio sta bene, notizie del poderetto e della bestia, gli altri figli soldati sono ancora in salute, «altro non mi alungo e sono la tua per sempre afesionata madre adio adio».

Tante di queste cartoline, custodite gelosamente nel portafogli gonfio, abbiamo vedute disperse accanto ai cadaveri dopo la battaglia;

e ricordo una fotografia uscita fuori dal mucchietto delle carte d’un soldato ungherese, le sorelle e la madre, cinque ragazze floride, faccie indifferenti, ma nel mezzo la madre con così accorata mestizia negli occhi, i segni del suo dolore segreto così fondi attorno alla bocca stanca, che quel viso di contadina ne era nobilitato: