Voci della Grande Guerra

Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #901

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AutoreMonelli, Paolo
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreL. Cappelli
LuogoBologna
Data1921
Genere TestualeMemorie
BibliotecaThe University of Connecticut Libraries (Internet Archive)
N Pagine Tot227
N Pagine Pref
N Pagine Txt227
Parti Gold[122-131] [1-121] [132-229]
Digitalizzato Orig
Rilevanza3/3
Copyright

Contenuto

E le bestemmie che tirano per scandire la marcia — il cappellano lo sa benissimo — non sono che un mezzo magico per sopportare la fatica, simile all’ansito ritmico ad ogni colpo di pistoletto, simile all’aha aha quando tirano un pezzo da 149.

Una buona bestemmia disimpegna l’otturatore che s’incanta, spezza in due la galletta, aiuta ad infilare le scarpe gelate, strappa il tappo della bottiglia di grappa che l’amico conducente ha regalato — lui che viene dal tepore della stalla — perché metta un po’di caldo dentro.

E, se il tenente non postilla il suo discorso con un moccolo, perde tutto l’effetto oratorio — come è inutile affibbiare dieci di rigore se non si appoggiano con un buon calcio dato con tutta la pianta del piede — alla maniera del colonnello Ragni.

Turin è dello stesso avviso, spalle come un armadio e un testone tondo sul collo corto (il testone glielo ruppe una scheggia a Sant’Osvaldo e ringrazi il cielo che aveva un elmo Farina se no andava al Creatore — adesso per riconoscenza l’elmo Farina non lo smette più).

— Non ubbriacarti più, Turin.

— El me domanda l’impossibile, sior Tenente.

— Almeno non farti più vedere da me ubbriaco.