Voci della Grande Guerra

Delenda Austria Frase: #12

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AutoreSalvemini, Gaetano
Professione AutoreIntellettuale, storico, politico
EditoreF.lli Treves
LuogoMilano
Data1917
Genere TestualeDiscorsi
BibliotecaBiblioteca Polo Umanistico Università degli Studi di Salerno
N Pagine Tot58
N Pagine Pref
N Pagine Txt58
Parti Gold[15-30] [1-14] [31-58]
Digitalizzato Orig
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

Ma oramai il male, che doveva fare, non si riesce ad evitarlo più.

Un caso caratteristico di questo genere di manovre, è stato costituito per circa due anni, da certe corrispondenze che un giornale inglese, la Morning Post, diceva di ricevere da Budapest, e che sono state sempre puntualmente riprodotte da tutti i giornali dell’Intesa, dalle quali appariva che in Ungheria ci sarebbe un partito assai forte, contrario alla Germania e favorevole ad un accordo con l’Intesa purché l’Intesa tenga conto della necessità di non strappare all’Ungheria la Transilvania, la Croazia, la Slovachia.

Ebbene, nel passato gennaio, il dottor Seton-Watson ha dimostrato sulla New Europe, che queste corrispondenze inventavano discorsi parlamentari, che non erano stati mai fatti alla Camera di Budapest, e articoli di giornali magiari, che non erano mai stati pubblicati.

E dal seguito della polemica si è scoperto che le corrispondenze erano state fabbricate a Londra, sorprendendo la buona fede del direttore della Morning Post, da un ungherese, che sino allo scoppio della guerra era vissuto e aveva lavorato come giornalista in Italia:

Un’altra mistificazione di questo genere è stato un ordine del giorno in favore dell’Austria e contro l’Intesa, che gli Slavi del Sud raccolti a Ginevra avrebbero votato nell’autunno passato, e che la Stampa del senatore Frassati pubblicò nel numero dell’8 ottobre 1916, e molti giornali italiani riprodussero.

— Quest’ordine del giorno era falso.

E doveva servire a far credere in Italia che tutti gli Slavi del Sud, anche quelli che sono esuli, anche quelli che sono condannati a morte, sono pagati dall’Austria, e ad eccitare il rancore dei calunniati contro l’Italia.