Voci della Grande Guerra

L’Italia dal 1914 al 1918: pagine sulla guerra Frase: #137

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AutoreCroce, Benedetto
Professione AutoreIntellettuale, filosofo, storico
EditoreLaterza
LuogoBari
Data1950
Genere TestualeSaggio
BibliotecaBiblioteca di Area Giuridico Politologica "Circolo Giuridico" dell'Università di Siena
N Pagine Tot358
N Pagine Pref
N Pagine Txt358
Parti Gold207-226 (20)
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

cioè in quanto ridiceva, in altra forma, che agli Italiani era mancata la coesione in un forte Stato, del quale la virtù militare è l’esponente.

Gli stessi esempî, che si recavano in contrario, avevano il carattere di eccezioni, confermanti la regola:

ossia dimostravano che, sempre che si era avuto in Italia uno Stato forte (per es., quello della Corona sabauda), o un sentimento di orgoglio nazionale, o almeno di spirito di corpo, si era benissimo combattuto.

Nel 1798 - 99 l’esercito napoletano andò in rotta al primo urto col francese;

ma, di lì a qualche settimana, si formarono dappertutto bande armate, che si misero alla caccia dei francesi e dei giacobini, e riuscirono, dopo alcuni mesi di lotta incessante, a trionfarne.

Come mai, diceva stupito uno di quei generali francesi, il Thiébault (scrivo in luogo dove non ho libri e sono costretto a fidare sulla mia memoria), «cotesti napoletani scappano, quando hanno addosso l’uniforme, e combattono, quando lo hanno gettato via:».

Enimma di facile soluzione: