Voci della Grande Guerra

L’Italia dal 1914 al 1918: pagine sulla guerra Frase: #127

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AutoreCroce, Benedetto
Professione AutoreIntellettuale, filosofo, storico
EditoreLaterza
LuogoBari
Data1950
Genere TestualeSaggio
BibliotecaBiblioteca di Area Giuridico Politologica "Circolo Giuridico" dell'Università di Siena
N Pagine Tot358
N Pagine Pref
N Pagine Txt358
Parti Gold207-226 (20)
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

Stolta e facile a confutare, col rispondere, come rispose un vecchio ufficiale napoletano, scrittore di cose storiche, Luigi Blanch, che nessun uomo, e molto meno un popolo, è incapace di rischiare la vita per un motivo qualsiasi, che gli parli all’animo.

E tanto poco ne erano incapaci gli Italiani che nessun popolo apparve mai cosí pronto com’essi, fuori delle lotte propriamente militari, a gettare la vita quotidianamente;

e, per esempio, le cronache italiane del seicento, ossia del tempo in cui la virtù militare era nel più basso stato, recano in ogni pagina notizie di risse feroci e di duelli e combattimenti d’individui e di fazioni, e danno l’immagine di un’Italia della quale, ogni giorno, il sangue rigava le città e le campagne.

I duelli dei signori si facevano allora per «compagnie», ossia ciascuno soleva condurre con sé i suoi amici, per motivi frivolissimi, ad ammazzarsi allegramente.

Più feroci ancora, le plebi e i contadini.

Altro che attaccamento alla vita:

Sembra, anzi, che allora la vita valesse ben poco, e si potrebbe stabilire su quei documenti la legge empirica (confermata da altre osservazioni) che alla minore virtù militare di una società corrisponde un maggior abito sanguinario, e all’inverso.