Voci della Grande Guerra

L’Italia dal 1914 al 1918: pagine sulla guerra Frase: #52

Torna alla pagina di ricerca

AutoreCroce, Benedetto
Professione AutoreIntellettuale, filosofo, storico
EditoreLaterza
LuogoBari
Data1950
Genere TestualeSaggio
BibliotecaBiblioteca di Area Giuridico Politologica "Circolo Giuridico" dell'Università di Siena
N Pagine Tot358
N Pagine Pref
N Pagine Txt358
Parti Gold207-226 (20)
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

E, lasciando stare la politica della quale qui parliamo sempre a malincuore e solo per quel tanto che prossimamente concerne dottrine filosofiche e interpretazioni storiche, e soffermandoci invece sul problema della scienza e della cultura, tutti hanno potuto assistere negli ultimi tempi al dissolvimento che si minaccia in Italia degli ordini scolastici, e agli assalti onde si è cominciato a scuotere quel tanto di disciplina scientifica che, dopo il sessanta, si era venuto stabilendo per le assidue fatiche di studiosi e maestri di ogni parte d’Italia.

Si è giunti a riproporre per le cattedre universitarie di letteratura italiana i cultori di Pindo, e già si avanzano i vantatori delle loro storie facilone e delle loro filosofie triviali, disconosciute in Italia, ma «ammirate (essi dicono) dalla élite intellettuale dei paesi latini e dell’America».

Alla voce di allarme che noi demmo già or son due anni, un vecchio stimabilissimo filologo e maestro, preso anche lui da inopportuno fervore politico, si rivoltò, pubblicamente redarguendoci che, con le nostre idee, non sarebbe stato possibile condurre nemmeno tre soldati al fuoco contro gli Austriaci:

quasi che noi fossimo caporali da condurre soldati, e non già studiosi, che discorriamo, ragionando, con studiosi.

Ma quando quel valentuomo ha visto, in nome dell’italianità e dell’antigermanismo e della genialità latina, levarsi frotte di assalitori, non diciamo contro la sua persona, ma contro gli ideali di lavoro scientifico ai quali aveva consacrato l’intera vita, avrà potuto, se anche con ritardo, comprendere un po’meglio il nostro allarme e persuadersi che la nostra antiveggenza è stata, questa volta, maggiore della sua.

E concludiamo.

Quel che la nostra rivista ha fatto e viene facendo in questi duri anni è ben piccola cosa, ma il segno al quale essa ha tenuto rivolto l’occhio, ha importanza non piccola, e perciò l’opera sua ha bensì la modestia, ma anche il valore, di un tentativo individuale.